Livorno da scoprire

Andrea
Livorno da scoprire

Curiosità

L'ANTICA MERIDIANA PRESSO CALAFURIA (LIVORNO) Lungo la scogliera di Calafuria, scendendo da scalette costruite con vecchie traversine, volgendo le spalle a questo mare si trova un’antica meridiana che scandiva il tempo per i cavatori di pietra serena. Le cave sono di epoca medievale (quelle romane sono sotto il livello del mare).
85 persone del luogo consigliano
Calafuria
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L'ANTICA MERIDIANA PRESSO CALAFURIA (LIVORNO) Lungo la scogliera di Calafuria, scendendo da scalette costruite con vecchie traversine, volgendo le spalle a questo mare si trova un’antica meridiana che scandiva il tempo per i cavatori di pietra serena. Le cave sono di epoca medievale (quelle romane sono sotto il livello del mare).
LE “PISCINE” ETRUSCO-ROMANE TRA LE MERAVIGLIE DI CALAFURIA (Livorno) Lungo la costa a sud dell’Ardenza e dell’Accademia Navale di Livorno, per il tratto di circa 3 km. che va dalla Torre del Boccale, attraverso Calafuria, a Cala del Leone, si notano numerose cave antiche di arenaria a cielo aperto. Alcune di esse stanno proprio a ridosso del mare o persino sotto il livello dell’acqua, altre, invece, si trovano più all’interno, verso la macchia e le colline. Quelle di gran lunga più antiche sono le cave a mare del Boccale e di Calafuria, conosciute come “vasche” o “piscine”, per il loro caratteristico aspetto, più o meno coincidenti con l’indicazione “ad piscinas” della vecchia Tavola Peutingeriana (copia medievale, com’è noto, di una mappa romana del IV sec. d.C. ). I tagli pavimentali più bassi di queste cosiddette piscine stanno attualmente a 1,65-1,70 metri sotto il livello medio del mare e sono stati datati al periodo etrusco-romano non solo in base a calcoli mareometrici del livello marino (un determinato e progressivo innalzamento del livello del mare in una costa tettonicamente stabile), ma anche per la tipologia e la grandezza dei tagli stessi. Le altre cave, specie verso le colline, sono meno antiche e databili praticamente in ogni epoca storica, sin quasi ai nostri giorni. Dalle cave si estraevano due tipi di pietra arenaria: la più ricercata era detta pietra serena, piuttosto scura, compatta e resistente. L’altra era detta pietra ruspa o crusca, giallastra, granulosa e meno resistente. Finora, le cave di arenaria conosciute attive in Toscana in epoca etrusco-romana sono quelle di Montececeri nei pressi di Fiesole (Salvianti e Latini, 1988). I materiali estratti venivano impiegati principalmente per la costruzione di stele funerarie, condotti, fognature, strade lastricate, terrazzette e, a grandi blocchi, per la costruzione di edifici, acquedotti, cinte murarie “. Stessi impieghi sono ovviamente da considerare per la pietra di Calafuria e ve ne sono tracce documentate. Lo spettacolo che si presenta nel tratto di costa citato è davvero suggestivo: molte vasche mostrano effettivamente la forma e la grandezza di una piscina, più che di una vasca, con tanto di comodi scalini di accesso, ben squadrati e levigati. E il ricambio d’acqua può anche essere continuo, massaggiante e piacevolissimo. Altre cave, più complesse e alte, specie verso l’interno collinare, presentano, su più livelli, molti gradoni allineati a scalinata curva, tanto da sembrare degli antichi anfiteatri.Altre, infine, per il colore più cupo, quasi ceruleo, e per l’enorme e incombente massa petrosa parietale, possono suscitare qualche nota di disagio. Più che una descrizione, però, valgono le figure che presentiamo e, più delle figure, una bella gita, come ben sanno i livornesi. Calafuria splendida e ricca di meraviglie archeologiche e naturali: la scoperta del G.A.L. (“Un relitto etrusco tra i rinvenimenti di Calafuria”,G.A.L., Livorno 2005, purtroppo già più volte saccheggiato ),ceppi plumbei romani, anfore massaliote, uno strumento plumbeo misterioso ( vedi in questo stesso sito ), di cui daremo maggiori notizie ( inchiesta mondiale internet in corso ) ; il relitto, ancora più saccheggiato, sin nelle strutture lignee, di una nave romana davanti a Castel Sonnino/Romito (vox populi ), mazzere d’ingegno per la pesca del corallo ( molto probabilmente appartenute alle feluche coralline del barone Ginori, nel XVIII sec.), antiche mazzere a rocchetto da rete da posta, tipo Bouscaras ( Agde ); inoltre, banchi latini parietali di un bel corallo rosso, importante fauna marina da passo ( tonnarelli ) e da scoglio ( soprattutto aragoste, granseole, polpi e triglie ) e, come si può osservare in questo stesso sito ( vedi pagine foto subacquee ), tanti obiettivi d’ogni genere da fotografare. Ma mirabilia anche fuori d’acqua: il panorama indimenticabile in qualsiasi momento dell’anno, le famose falesie, ricche di rocce dalle figure più strambe, che continuano a degradare sott’acqua sino al fondale, una suggestiva forma di erosione meteomarina, detta alveolare, molto tipica della zona, che buca così profondamente e fittamente le rocce da farle sembrare delle grosse spugne, i castelli solitari, le torri medicee allora vigili sentinelle contro le incursioni barbaresche, e appunto le “piscine”dianzi descritte, usufruibili per diletto come tali, magari come moderni tepidaria, con qualche ovvia attenzione per quelle parzialmente sommerse, quando il mare è grosso. E pensare, per di più, che nei secoli sino al V a.C., questo era un punto di passaggio obbligato per tutte le navi da cabotaggio etrusche, greche, magno-greche e fenicio-puniche, dirette nella Gallia meridionale, alle Pitiuse e Baleari, in Iberia sino alle Colonne d’Ercole e forse oltre. Qui passava l’antica “via del vino”, ovvero la rotta seguita soprattutto dai mercantili etruschi ( e poi romani ) per trasportare vino ( e altre mercanzie ) in quelle terre, soprattutto a Massalia ( l’antica Marsiglia ), ad Agathé Tyche ( “Buona fortuna”,odierna Cap d’Agde in Linguadoca), ad Emporion ( Ampurias in Costa Brava ) ed Hemeroscopéion ( Derna nell’Alicante ). Tutto questo, in un breve tratto di costa etrusca, specie nel flysch arenaceo di Calafuria, , a due passi da Livorno: pieno mare, tomi di storia, tanta archeologia, e queste fantastiche cave-piscine, qui accennate e illustrate, degne non solo di ammirazione, ma anche di grande rispetto e memoria perché hanno dato lavoro a tanta gente per assai più di due millenni.
Romito - Le Vaschette
LE “PISCINE” ETRUSCO-ROMANE TRA LE MERAVIGLIE DI CALAFURIA (Livorno) Lungo la costa a sud dell’Ardenza e dell’Accademia Navale di Livorno, per il tratto di circa 3 km. che va dalla Torre del Boccale, attraverso Calafuria, a Cala del Leone, si notano numerose cave antiche di arenaria a cielo aperto. Alcune di esse stanno proprio a ridosso del mare o persino sotto il livello dell’acqua, altre, invece, si trovano più all’interno, verso la macchia e le colline. Quelle di gran lunga più antiche sono le cave a mare del Boccale e di Calafuria, conosciute come “vasche” o “piscine”, per il loro caratteristico aspetto, più o meno coincidenti con l’indicazione “ad piscinas” della vecchia Tavola Peutingeriana (copia medievale, com’è noto, di una mappa romana del IV sec. d.C. ). I tagli pavimentali più bassi di queste cosiddette piscine stanno attualmente a 1,65-1,70 metri sotto il livello medio del mare e sono stati datati al periodo etrusco-romano non solo in base a calcoli mareometrici del livello marino (un determinato e progressivo innalzamento del livello del mare in una costa tettonicamente stabile), ma anche per la tipologia e la grandezza dei tagli stessi. Le altre cave, specie verso le colline, sono meno antiche e databili praticamente in ogni epoca storica, sin quasi ai nostri giorni. Dalle cave si estraevano due tipi di pietra arenaria: la più ricercata era detta pietra serena, piuttosto scura, compatta e resistente. L’altra era detta pietra ruspa o crusca, giallastra, granulosa e meno resistente. Finora, le cave di arenaria conosciute attive in Toscana in epoca etrusco-romana sono quelle di Montececeri nei pressi di Fiesole (Salvianti e Latini, 1988). I materiali estratti venivano impiegati principalmente per la costruzione di stele funerarie, condotti, fognature, strade lastricate, terrazzette e, a grandi blocchi, per la costruzione di edifici, acquedotti, cinte murarie “. Stessi impieghi sono ovviamente da considerare per la pietra di Calafuria e ve ne sono tracce documentate. Lo spettacolo che si presenta nel tratto di costa citato è davvero suggestivo: molte vasche mostrano effettivamente la forma e la grandezza di una piscina, più che di una vasca, con tanto di comodi scalini di accesso, ben squadrati e levigati. E il ricambio d’acqua può anche essere continuo, massaggiante e piacevolissimo. Altre cave, più complesse e alte, specie verso l’interno collinare, presentano, su più livelli, molti gradoni allineati a scalinata curva, tanto da sembrare degli antichi anfiteatri.Altre, infine, per il colore più cupo, quasi ceruleo, e per l’enorme e incombente massa petrosa parietale, possono suscitare qualche nota di disagio. Più che una descrizione, però, valgono le figure che presentiamo e, più delle figure, una bella gita, come ben sanno i livornesi. Calafuria splendida e ricca di meraviglie archeologiche e naturali: la scoperta del G.A.L. (“Un relitto etrusco tra i rinvenimenti di Calafuria”,G.A.L., Livorno 2005, purtroppo già più volte saccheggiato ),ceppi plumbei romani, anfore massaliote, uno strumento plumbeo misterioso ( vedi in questo stesso sito ), di cui daremo maggiori notizie ( inchiesta mondiale internet in corso ) ; il relitto, ancora più saccheggiato, sin nelle strutture lignee, di una nave romana davanti a Castel Sonnino/Romito (vox populi ), mazzere d’ingegno per la pesca del corallo ( molto probabilmente appartenute alle feluche coralline del barone Ginori, nel XVIII sec.), antiche mazzere a rocchetto da rete da posta, tipo Bouscaras ( Agde ); inoltre, banchi latini parietali di un bel corallo rosso, importante fauna marina da passo ( tonnarelli ) e da scoglio ( soprattutto aragoste, granseole, polpi e triglie ) e, come si può osservare in questo stesso sito ( vedi pagine foto subacquee ), tanti obiettivi d’ogni genere da fotografare. Ma mirabilia anche fuori d’acqua: il panorama indimenticabile in qualsiasi momento dell’anno, le famose falesie, ricche di rocce dalle figure più strambe, che continuano a degradare sott’acqua sino al fondale, una suggestiva forma di erosione meteomarina, detta alveolare, molto tipica della zona, che buca così profondamente e fittamente le rocce da farle sembrare delle grosse spugne, i castelli solitari, le torri medicee allora vigili sentinelle contro le incursioni barbaresche, e appunto le “piscine”dianzi descritte, usufruibili per diletto come tali, magari come moderni tepidaria, con qualche ovvia attenzione per quelle parzialmente sommerse, quando il mare è grosso. E pensare, per di più, che nei secoli sino al V a.C., questo era un punto di passaggio obbligato per tutte le navi da cabotaggio etrusche, greche, magno-greche e fenicio-puniche, dirette nella Gallia meridionale, alle Pitiuse e Baleari, in Iberia sino alle Colonne d’Ercole e forse oltre. Qui passava l’antica “via del vino”, ovvero la rotta seguita soprattutto dai mercantili etruschi ( e poi romani ) per trasportare vino ( e altre mercanzie ) in quelle terre, soprattutto a Massalia ( l’antica Marsiglia ), ad Agathé Tyche ( “Buona fortuna”,odierna Cap d’Agde in Linguadoca), ad Emporion ( Ampurias in Costa Brava ) ed Hemeroscopéion ( Derna nell’Alicante ). Tutto questo, in un breve tratto di costa etrusca, specie nel flysch arenaceo di Calafuria, , a due passi da Livorno: pieno mare, tomi di storia, tanta archeologia, e queste fantastiche cave-piscine, qui accennate e illustrate, degne non solo di ammirazione, ma anche di grande rispetto e memoria perché hanno dato lavoro a tanta gente per assai più di due millenni.
LIVORNO Oggi vi parlo di una città che ha molto a che fare con Firenze e che mi sta particolarmente a cuore visto che il mio trisnonno Raffaele vi nacque nel 1836 e dove dette alla luce una moltitudine di figli e figlie com'era d'uso a quei tempi. Livorno non è solo il cacciucco, il ponce, la Terrazza Mascagni, l’Amerigo Vespucci e l'Accademia Navale o Amedeo Modigliani ma anche il pittoresco quartiere de La Venezia, la Fortezza medicea e soprattutto le persone, spesso sopra alle righe...forse a causa del salmastro che li rende diversi e dal nome strano: i Labronici. Ma perché i livornesi si chiamano labronici? Il nome deriva da Labrone che significa Lido del Mare e deriva dal latino labrum, cioè labbro o estremità e identifica una cala naturale localizzata, secondo alcuni autori, dove oggi sorge la città di Livorno: veniva così chiamata da Cicerone nel I sec A.C. . Intorno all’anno mille, il vescovo di Pisa dette in livello alla famiglia degli Orlandi, il castello di Livorno ed un piccolo agglomerato di abitazioni poste sulla costa dell'odierno Mar Ligure, in una cala naturale, a pochi chilometri a sud della foce dell'Arno e di Pisa. All'epoca Livorno collaborava con il vicino Porto Pisano, il grande scalo marittimo della Repubblica di Pisa, ma il suo progressivo interramento favorì lo sviluppo del piccolo borgo labronico, che tra il XIII e il XIV secolo fu dotato di un sistema di fortificazioni e di un maestoso faro, noto col nome di Fanale. Dopo vari passaggi, i fiore ntini comprarono Livorno per 100mila fiorini d’oro dai genovesi e in seguito i Medici affidarono a Bernardo Buontalenti il compito di trasformare quel piccolo porto nel più importante della Toscana e perciò con delle fortificazioni potenti. L’atto di civiltà più importante che riguarda questa città sono le Leggi Livornine con le quali nel 1591 fu istituito il porto franco che favorì il proliferare di attività commerciali strettamente legate a quelle portuali. Inoltre i Medici richiamarono a Livorno mercanti di qualsivoglia natione, garantendo agli abitanti libertà di culto e di professione religiosa (seppur con forti limitazioni per i protestanti), nonché l'annullamento di condanne penali (con l'eccezione delle condanne per assassinio e "falsa moneta"). Questi privilegi erano diretti soprattutto agli ebrei sefarditi scacciati dalla penisola iberica e questi arrivarono in molti, soprattutto commercianti, e costituirono una florida e operosa comunità ebraica di lingua spagnola e portoghese. Gli ebrei vivevano liberi a Livorno, non rinchiusi in un ghetto, come invece avveniva nelle altre città d'Italia fino all'epoca dell'Unità d'Italia: un raro esempio di tolleranza religiosa che ha pochi uguali nel mondo.
221 persone del luogo consigliano
Livorno
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LIVORNO Oggi vi parlo di una città che ha molto a che fare con Firenze e che mi sta particolarmente a cuore visto che il mio trisnonno Raffaele vi nacque nel 1836 e dove dette alla luce una moltitudine di figli e figlie com'era d'uso a quei tempi. Livorno non è solo il cacciucco, il ponce, la Terrazza Mascagni, l’Amerigo Vespucci e l'Accademia Navale o Amedeo Modigliani ma anche il pittoresco quartiere de La Venezia, la Fortezza medicea e soprattutto le persone, spesso sopra alle righe...forse a causa del salmastro che li rende diversi e dal nome strano: i Labronici. Ma perché i livornesi si chiamano labronici? Il nome deriva da Labrone che significa Lido del Mare e deriva dal latino labrum, cioè labbro o estremità e identifica una cala naturale localizzata, secondo alcuni autori, dove oggi sorge la città di Livorno: veniva così chiamata da Cicerone nel I sec A.C. . Intorno all’anno mille, il vescovo di Pisa dette in livello alla famiglia degli Orlandi, il castello di Livorno ed un piccolo agglomerato di abitazioni poste sulla costa dell'odierno Mar Ligure, in una cala naturale, a pochi chilometri a sud della foce dell'Arno e di Pisa. All'epoca Livorno collaborava con il vicino Porto Pisano, il grande scalo marittimo della Repubblica di Pisa, ma il suo progressivo interramento favorì lo sviluppo del piccolo borgo labronico, che tra il XIII e il XIV secolo fu dotato di un sistema di fortificazioni e di un maestoso faro, noto col nome di Fanale. Dopo vari passaggi, i fiore ntini comprarono Livorno per 100mila fiorini d’oro dai genovesi e in seguito i Medici affidarono a Bernardo Buontalenti il compito di trasformare quel piccolo porto nel più importante della Toscana e perciò con delle fortificazioni potenti. L’atto di civiltà più importante che riguarda questa città sono le Leggi Livornine con le quali nel 1591 fu istituito il porto franco che favorì il proliferare di attività commerciali strettamente legate a quelle portuali. Inoltre i Medici richiamarono a Livorno mercanti di qualsivoglia natione, garantendo agli abitanti libertà di culto e di professione religiosa (seppur con forti limitazioni per i protestanti), nonché l'annullamento di condanne penali (con l'eccezione delle condanne per assassinio e "falsa moneta"). Questi privilegi erano diretti soprattutto agli ebrei sefarditi scacciati dalla penisola iberica e questi arrivarono in molti, soprattutto commercianti, e costituirono una florida e operosa comunità ebraica di lingua spagnola e portoghese. Gli ebrei vivevano liberi a Livorno, non rinchiusi in un ghetto, come invece avveniva nelle altre città d'Italia fino all'epoca dell'Unità d'Italia: un raro esempio di tolleranza religiosa che ha pochi uguali nel mondo.

Offerta gastronomica

"Un 5 e 5, per favore!" Se non siete di Livorno questa espressione non vi sarà famigliare, ma vi consigliamo di impararla se passerete da quelle parti...soprattutto da "Gagarin" uno dei "tortai" più famosi della città, un luogo cult per assaggiare la torta di ceci nel panino, appunto "5 e 5"! Si tratta di una semplice tipicità toscana, a base di farina di ceci, acqua e olio che si cuoce in grandi teglie. Si tagliano poi dei pezzi con cui si farcisce il panino (tipo francesino) o al massimo la focaccia, anzi "la schiaccia" livornese! Uno street food da assaporare in ogni stagione, prima di partire provate a realizzarlo a casa seguendo la nostra ricetta!
37 persone del luogo consigliano
Antica Torteria Al Mercato Da Gagarin
24 Via del Cardinale
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"Un 5 e 5, per favore!" Se non siete di Livorno questa espressione non vi sarà famigliare, ma vi consigliamo di impararla se passerete da quelle parti...soprattutto da "Gagarin" uno dei "tortai" più famosi della città, un luogo cult per assaggiare la torta di ceci nel panino, appunto "5 e 5"! Si tratta di una semplice tipicità toscana, a base di farina di ceci, acqua e olio che si cuoce in grandi teglie. Si tagliano poi dei pezzi con cui si farcisce il panino (tipo francesino) o al massimo la focaccia, anzi "la schiaccia" livornese! Uno street food da assaporare in ogni stagione, prima di partire provate a realizzarlo a casa seguendo la nostra ricetta!