MY TIPS

Marco
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Visite turistiche

Se c’è un posto a Cefalù che, più di tutti, è in grado di mettere d’accordo gli amanti di storia, cultura, natura e paesaggistica, questo è indubbiamente la Rocca di Cefalù. La spettacolare rupe alta 268 metri, che si erge alle spalle della città, è infatti una tappa imperdibile per chiunque scelga di visitare Cefalù e immergersi nei luoghi in cui tutto ha avuto origine. Secondo alcuni storici, è proprio questo luogo ad aver dato il nome alla città, che anticamente si chiamava Kephaloidion. Il termine infatti deriva da kefalis (che in greco significa testa) e rimanda sia alla forma della rupe che alla sua posizione. Attraverso un sentiero in salita immerso nel verde, recintato a mezza costa da alte mura merlate risalenti al periodo medievale, è possibile raggiungere il punto più alto della Rocca di Cefalù da cui ammirare tutta la città, con un panorama mozzafiato che si estende da Palermo a Capo D’Orlando. La roccia di natura calcarea, puntellata da fessurazioni e grotte accessibili al pubblico, costituisce un habitat naturale per numerose specie di flora e fauna prevalentemente locale. In mezzo alla macchia mediterranea spiccano conifere ed eucalipti, mentre gabbiani, rapaci e altri volatili popolano la Rocca insieme a piccoli roditori, ricci e insetti endemici.
107 persone del luogo consigliano
Rocca di Cefalù
107 persone del luogo consigliano
Se c’è un posto a Cefalù che, più di tutti, è in grado di mettere d’accordo gli amanti di storia, cultura, natura e paesaggistica, questo è indubbiamente la Rocca di Cefalù. La spettacolare rupe alta 268 metri, che si erge alle spalle della città, è infatti una tappa imperdibile per chiunque scelga di visitare Cefalù e immergersi nei luoghi in cui tutto ha avuto origine. Secondo alcuni storici, è proprio questo luogo ad aver dato il nome alla città, che anticamente si chiamava Kephaloidion. Il termine infatti deriva da kefalis (che in greco significa testa) e rimanda sia alla forma della rupe che alla sua posizione. Attraverso un sentiero in salita immerso nel verde, recintato a mezza costa da alte mura merlate risalenti al periodo medievale, è possibile raggiungere il punto più alto della Rocca di Cefalù da cui ammirare tutta la città, con un panorama mozzafiato che si estende da Palermo a Capo D’Orlando. La roccia di natura calcarea, puntellata da fessurazioni e grotte accessibili al pubblico, costituisce un habitat naturale per numerose specie di flora e fauna prevalentemente locale. In mezzo alla macchia mediterranea spiccano conifere ed eucalipti, mentre gabbiani, rapaci e altri volatili popolano la Rocca insieme a piccoli roditori, ricci e insetti endemici.
Simbolo della città e tappa imperdibile per chiunque visiti Cefalù, la Basilica della Trasfigurazione – meglio nota come Duomo o Cattedrale di Cefalù – è un inno alla bellezza che resiste al tempo, alle guerre e alla modernità, poiché conserva le tracce dell’influenza Arabo-Normanna sull’isola. Dichiarata Patrimonio Unesco dal 2015, sorge nel cuore del centro storico, nell’omonima piazza, innalzandosi in tutta la sua imponenza contro la Rocca di Cefalù che si staglia alle sue spalle. Incorniciata da due possenti torri, l’opera fu commissionata dal primo Re di Sicilia, Ruggero II, nel 1131 e consacrata quasi un secolo e mezzo dopo (1267).
185 persone del luogo consigliano
Duomo di Cefalù
Piazza del Duomo
185 persone del luogo consigliano
Simbolo della città e tappa imperdibile per chiunque visiti Cefalù, la Basilica della Trasfigurazione – meglio nota come Duomo o Cattedrale di Cefalù – è un inno alla bellezza che resiste al tempo, alle guerre e alla modernità, poiché conserva le tracce dell’influenza Arabo-Normanna sull’isola. Dichiarata Patrimonio Unesco dal 2015, sorge nel cuore del centro storico, nell’omonima piazza, innalzandosi in tutta la sua imponenza contro la Rocca di Cefalù che si staglia alle sue spalle. Incorniciata da due possenti torri, l’opera fu commissionata dal primo Re di Sicilia, Ruggero II, nel 1131 e consacrata quasi un secolo e mezzo dopo (1267).
Cefalù, come molte roccaforti che affacciano sul mare, era circondata completamente da cinte murarie che garantivano una protezione sicura dagli attacchi dei pirati durante il Medioevo e negli anni immediatamente successivi. Su ognuna delle mure di difesa era ricavata una sola porta, per un totale di quattro porte che consentivano l’accesso al centro cittadino solo dopo un controllo molto severo. Fra queste Porta Pescara conosciuta anche come porta del vicerè. Le porte originarie, così come indicate dalle cartine topografiche, erano così situate: due sulla parte più lunga che costeggia la spiaggia, una sul lato montuoso, in direzione dell’entroterra, e l’ultima sul Porto Antico, in quella che viene chiamata oggi “parte vecchia” della città. Proprio questa è l’unica porta superstite delle quattro. Molte sono state cancellate insieme all’abbattimento di parte delle cinte murarie, ma quest’ultima, la porta che apre sul mare del porto vecchio, è ancora lì, a ricordare la vita di Cefalù prima della modernità. Porta Pescara ha una caratteristica costruzione tardo-medievale, con un arco gotico sormontato dallo stemma dei re di Sicilia. Venne costruita durante la reggenza dei Ventimiglia, che governavano la città tra il 1200 e il 1300, e riporta ancora al suo interno resti di colonnine risalenti alla stessa epoca. La porta che oggi vediamo arrivando dal Porto Antico non è, tuttavia, esattamente quella originale. Nel 1570 subì un’opera di ampliamento e ristrutturazione per volontà del vicerè di Sicilia, Francesco Ferdinando d’Avalos, che ricopriva temporaneamente questo incarico. Il vicerè era anche Marchese di Pescara, motivo per cui venne dato il suo nome alla porta muraria.
11 persone del luogo consigliano
Porta Pescara
105 Via Vittorio Emanuele
11 persone del luogo consigliano
Cefalù, come molte roccaforti che affacciano sul mare, era circondata completamente da cinte murarie che garantivano una protezione sicura dagli attacchi dei pirati durante il Medioevo e negli anni immediatamente successivi. Su ognuna delle mure di difesa era ricavata una sola porta, per un totale di quattro porte che consentivano l’accesso al centro cittadino solo dopo un controllo molto severo. Fra queste Porta Pescara conosciuta anche come porta del vicerè. Le porte originarie, così come indicate dalle cartine topografiche, erano così situate: due sulla parte più lunga che costeggia la spiaggia, una sul lato montuoso, in direzione dell’entroterra, e l’ultima sul Porto Antico, in quella che viene chiamata oggi “parte vecchia” della città. Proprio questa è l’unica porta superstite delle quattro. Molte sono state cancellate insieme all’abbattimento di parte delle cinte murarie, ma quest’ultima, la porta che apre sul mare del porto vecchio, è ancora lì, a ricordare la vita di Cefalù prima della modernità. Porta Pescara ha una caratteristica costruzione tardo-medievale, con un arco gotico sormontato dallo stemma dei re di Sicilia. Venne costruita durante la reggenza dei Ventimiglia, che governavano la città tra il 1200 e il 1300, e riporta ancora al suo interno resti di colonnine risalenti alla stessa epoca. La porta che oggi vediamo arrivando dal Porto Antico non è, tuttavia, esattamente quella originale. Nel 1570 subì un’opera di ampliamento e ristrutturazione per volontà del vicerè di Sicilia, Francesco Ferdinando d’Avalos, che ricopriva temporaneamente questo incarico. Il vicerè era anche Marchese di Pescara, motivo per cui venne dato il suo nome alla porta muraria.
Il Museo Mandralisca a Cefalù è una meta imperdibile per gli amanti dell’arte che si accingono a visitare la città. Si tratta di un museo interdisciplinare, che conta una media di circa ventimila visitatori l’anno, comprendente pezzi archeologici, una pinacoteca, una raccolta malacologica, il monetario e persino mobili e altri oggetti di pregio. Le sue fondamenta traggono origine dalle idee e dagli ideali di un illuminato mecenate dell’Ottocento, il barone Enrico Pirajno di Mandralisca (Cefalù, 1809-1864), che credeva fermamente nel valore dell’istruzione come veicolo di diffusione del sapere, tanto negli aspetti umanistici che scientifici, mirando in particolare ai giovani, per colmare il quasi totale vuoto di istituzioni scolastiche di Cefalù e delle cittadine vicine.
122 persone del luogo consigliano
Museo Mandralisca
13 Via Mandralisca
122 persone del luogo consigliano
Il Museo Mandralisca a Cefalù è una meta imperdibile per gli amanti dell’arte che si accingono a visitare la città. Si tratta di un museo interdisciplinare, che conta una media di circa ventimila visitatori l’anno, comprendente pezzi archeologici, una pinacoteca, una raccolta malacologica, il monetario e persino mobili e altri oggetti di pregio. Le sue fondamenta traggono origine dalle idee e dagli ideali di un illuminato mecenate dell’Ottocento, il barone Enrico Pirajno di Mandralisca (Cefalù, 1809-1864), che credeva fermamente nel valore dell’istruzione come veicolo di diffusione del sapere, tanto negli aspetti umanistici che scientifici, mirando in particolare ai giovani, per colmare il quasi totale vuoto di istituzioni scolastiche di Cefalù e delle cittadine vicine.
Superata la lunga distesa di spiaggia di Cefalù, tra le viuzze del comune palermitano, si raggiunge via Vittorio Emanuele che qualche metro sotto il livello della strada, nasconde un angolo prezioso: il lavatoio medievale. Attraverso un’ampia scalinata in pietra lavica e lumachella, con un leggero andamento a chiocciola, ecco scorgere il lavatoio pubblico nei pressi del tardo rinascimentale Palazzo Martino. «Qui scorre Cefalino, più salubre di qualunque altro fiume, più puro dell’argento, più freddo della neve». Una scritta all’ingresso del lavatoio restituisce già l’idea di un luogo curioso che nasconde una storia particolare. Secondo la leggenda, infatti, il fiume Cefalino sorge dal dolore di una ninfa che, dopo aver ucciso il suo amato che l’aveva tradito, se ne pentì annegando di lacrime l’antico lavatoio di Cefalù. Lo stesso fiume della leggenda, in origine, scorreva a cielo aperto lungo il lavatoio, ma nel diciassettesimo secondo è stato coperto. Una semplice modifica che ha permesso che il fiume convogliasse e poi sfociasse direttamente sul mare attraverso un piccolo antro. Questa non è stato l’unico cambiamento perché ancor prima, nel 1514, il lavatoio medievale fu demolito e poi ricostruito in posizione più arretrata rispetto alle mura cittadine. I lavori di restauro sono terminati nel 1991 valorizzando ancora di più il luogo, che rappresenta per i turisti che ogni anno affollano Cefalù e per gli stessi cittadini, un esempio della vita medievale siciliana. Ventidue bocche di ghisa, di cui quindici teste leonine, sono disposte lungo le pareti del lavatoio sovrastate da basse volte. Qui le lavandaie andavano per pulire il bucato, tra grida e canti siciliani, utilizzando le apposite vasche per strofinare i panni. Quello che era un rituale quotidiano di un tempo, oggi è un simbolo concreto e ancora intatto della storia del borgo marinaro di Cefalù.
71 persone del luogo consigliano
Lavatoio Medievale Fiume Cefalino
Via Vittorio Emanuele
71 persone del luogo consigliano
Superata la lunga distesa di spiaggia di Cefalù, tra le viuzze del comune palermitano, si raggiunge via Vittorio Emanuele che qualche metro sotto il livello della strada, nasconde un angolo prezioso: il lavatoio medievale. Attraverso un’ampia scalinata in pietra lavica e lumachella, con un leggero andamento a chiocciola, ecco scorgere il lavatoio pubblico nei pressi del tardo rinascimentale Palazzo Martino. «Qui scorre Cefalino, più salubre di qualunque altro fiume, più puro dell’argento, più freddo della neve». Una scritta all’ingresso del lavatoio restituisce già l’idea di un luogo curioso che nasconde una storia particolare. Secondo la leggenda, infatti, il fiume Cefalino sorge dal dolore di una ninfa che, dopo aver ucciso il suo amato che l’aveva tradito, se ne pentì annegando di lacrime l’antico lavatoio di Cefalù. Lo stesso fiume della leggenda, in origine, scorreva a cielo aperto lungo il lavatoio, ma nel diciassettesimo secondo è stato coperto. Una semplice modifica che ha permesso che il fiume convogliasse e poi sfociasse direttamente sul mare attraverso un piccolo antro. Questa non è stato l’unico cambiamento perché ancor prima, nel 1514, il lavatoio medievale fu demolito e poi ricostruito in posizione più arretrata rispetto alle mura cittadine. I lavori di restauro sono terminati nel 1991 valorizzando ancora di più il luogo, che rappresenta per i turisti che ogni anno affollano Cefalù e per gli stessi cittadini, un esempio della vita medievale siciliana. Ventidue bocche di ghisa, di cui quindici teste leonine, sono disposte lungo le pareti del lavatoio sovrastate da basse volte. Qui le lavandaie andavano per pulire il bucato, tra grida e canti siciliani, utilizzando le apposite vasche per strofinare i panni. Quello che era un rituale quotidiano di un tempo, oggi è un simbolo concreto e ancora intatto della storia del borgo marinaro di Cefalù.
Il Bastione, definito intorno al 1600, rappresenta l’estremità settentrionale della cinta muraria che circonda Cefalù sul lato del mare; è il punto più alto, e su questo è stato costruita la piattaforma di base poligonale con la punta proiettata verso il mare, quasi come la prua di una barca. La posizione suggestiva e rialzata rispetto al centro cittadino consente una visuale perfetta su tutto il golfo davanti alla città, con le Madonie alle spalle a proteggere Cefalù dall’interno, quasi come un abbraccio sicuro che continua l’opera di difesa delle mura di difesa. Il Bastione di Capo Marchifava regala un panorama unico da cui è possibile ammirare la scogliera, il faro e alcune delle isole Eolie nelle migliori giornate di sole.
Cortile Bastione, 90015 Cefalù PA, Italia
Il Bastione, definito intorno al 1600, rappresenta l’estremità settentrionale della cinta muraria che circonda Cefalù sul lato del mare; è il punto più alto, e su questo è stato costruita la piattaforma di base poligonale con la punta proiettata verso il mare, quasi come la prua di una barca. La posizione suggestiva e rialzata rispetto al centro cittadino consente una visuale perfetta su tutto il golfo davanti alla città, con le Madonie alle spalle a proteggere Cefalù dall’interno, quasi come un abbraccio sicuro che continua l’opera di difesa delle mura di difesa. Il Bastione di Capo Marchifava regala un panorama unico da cui è possibile ammirare la scogliera, il faro e alcune delle isole Eolie nelle migliori giornate di sole.

Ristoranti

I miei ristoranti preferiti a Cefalù
20 persone del luogo consigliano
Locanda del Marinaio
5 Via Porpora
20 persone del luogo consigliano
6 persone del luogo consigliano
Qualia
16A Via G. Amendola
6 persone del luogo consigliano
Brama Restaurant
16 persone del luogo consigliano
Taverna Tinchitè
37 Via XXV Novembre
16 persone del luogo consigliano

Informazioni sulla città/località

Sorge alle pendici del Colle Milocca, Castelbuono capitale del buon gusto, tra sapienze e segreti del passato, luogo ideale per gli amanti del turismo rurale e dell’enogastronomia mediterranea C’è un luogo dove le colline coperte di frassini si confrontano con le montagne innevate. Un posto dove la vegetazione mediterranea si fonde con faggete senza fine. Un territorio dove la natura ha camminato per millenni con la storia. Sorge alle pendici del Colle Milocca, Castelbuono capitale del buon gusto, tra sapienze e segreti del passato, luogo ideale per gli amanti del turismo rurale e dell’enogastronomia mediterranea. Terra plasmata da generazioni, luogo di rara suggestione dove si potrà visitare il centro storico che sorprende per il continuo alternarsi di vicoli, piazzette e cortili. Ammirare l’imponente Castello a pianta quadrangolare che fu dei Ventimiglia con annessa cappella Palatina, detta la Cappella di Sant’Anna, decorata dal raffinatissimo scultore siciliano Giuseppe Serpotta. O ancora visitare il museo Minà Palumbo o la Matrice Vecchia, risalente al XIV secolo, dove si fondono tre stili: romano-gotico, catalano e composito-chiaramontano, all’interno nella cappella del Santissimo Sacramento è custodito il ciborio – alto più di quattro metri e largo due – attribuito a Giorgio da Milano del 1493, uno dei tabernacoli marmorei più interessanti delle Madonie, ma lo sguardo del visitatore è attratto dal maestoso Polittico dell’altare maggiore rappresentante la Vergine con bambino tra i Santi Pietro, Lucia, Paolo e Agata, sono numerose le altre opere custodite al suo interno, una visita la vale davvero. E poi c’è piazza Margherita, luogo dello struscio cittadino, a pochi passi è possibile degustare un panettone fuori stagione quello offerto dai fratelli Fiasconaro e ancora odori e profumi si mescoleranno in una singolare esperienza sensoriale, dove la peculiarità è l’assaggio della migliore cucina del territorio quella del ristorante “Nangalarruni” e del ristorante pizzeria “Al Palazzaccio”. I vini sono le sentinelle dei luoghi, delle tradizioni, testimoni di una cultura e di quella simbiosi tra il contadino e la sua terra e proprio a Castelbuono che si trova una delle Cantine più pregiate di Sicilia, quella dei vini Sant’Anastasia. La cantina, all’interno di una vecchia Abbazia, un luogo che sembra essersi mischiato con il paesaggio circostante, si trova a pochi chilometri dall’abitato, scendendo lungo la strada che conduce verso Cefalù. Da non perdere un assaggio di quella montagna che regala emozioni uniche quando nel silenzio dei boschi il tempo si annulla, gli spazi si ritraggono e un rapporto interiore, quasi meditativo, si espande al contatto con la natura per un’escursione guidata lungo il zigzag dei sentieri di montagna a cozzo Luminario, da non perdere la visita a Piano Pomo agli agrifogli giganti, veri monumenti della naturali.
Castelbuono
Sorge alle pendici del Colle Milocca, Castelbuono capitale del buon gusto, tra sapienze e segreti del passato, luogo ideale per gli amanti del turismo rurale e dell’enogastronomia mediterranea C’è un luogo dove le colline coperte di frassini si confrontano con le montagne innevate. Un posto dove la vegetazione mediterranea si fonde con faggete senza fine. Un territorio dove la natura ha camminato per millenni con la storia. Sorge alle pendici del Colle Milocca, Castelbuono capitale del buon gusto, tra sapienze e segreti del passato, luogo ideale per gli amanti del turismo rurale e dell’enogastronomia mediterranea. Terra plasmata da generazioni, luogo di rara suggestione dove si potrà visitare il centro storico che sorprende per il continuo alternarsi di vicoli, piazzette e cortili. Ammirare l’imponente Castello a pianta quadrangolare che fu dei Ventimiglia con annessa cappella Palatina, detta la Cappella di Sant’Anna, decorata dal raffinatissimo scultore siciliano Giuseppe Serpotta. O ancora visitare il museo Minà Palumbo o la Matrice Vecchia, risalente al XIV secolo, dove si fondono tre stili: romano-gotico, catalano e composito-chiaramontano, all’interno nella cappella del Santissimo Sacramento è custodito il ciborio – alto più di quattro metri e largo due – attribuito a Giorgio da Milano del 1493, uno dei tabernacoli marmorei più interessanti delle Madonie, ma lo sguardo del visitatore è attratto dal maestoso Polittico dell’altare maggiore rappresentante la Vergine con bambino tra i Santi Pietro, Lucia, Paolo e Agata, sono numerose le altre opere custodite al suo interno, una visita la vale davvero. E poi c’è piazza Margherita, luogo dello struscio cittadino, a pochi passi è possibile degustare un panettone fuori stagione quello offerto dai fratelli Fiasconaro e ancora odori e profumi si mescoleranno in una singolare esperienza sensoriale, dove la peculiarità è l’assaggio della migliore cucina del territorio quella del ristorante “Nangalarruni” e del ristorante pizzeria “Al Palazzaccio”. I vini sono le sentinelle dei luoghi, delle tradizioni, testimoni di una cultura e di quella simbiosi tra il contadino e la sua terra e proprio a Castelbuono che si trova una delle Cantine più pregiate di Sicilia, quella dei vini Sant’Anastasia. La cantina, all’interno di una vecchia Abbazia, un luogo che sembra essersi mischiato con il paesaggio circostante, si trova a pochi chilometri dall’abitato, scendendo lungo la strada che conduce verso Cefalù. Da non perdere un assaggio di quella montagna che regala emozioni uniche quando nel silenzio dei boschi il tempo si annulla, gli spazi si ritraggono e un rapporto interiore, quasi meditativo, si espande al contatto con la natura per un’escursione guidata lungo il zigzag dei sentieri di montagna a cozzo Luminario, da non perdere la visita a Piano Pomo agli agrifogli giganti, veri monumenti della naturali.
Sulla costa settentrionale della Sicilia, a metà strada tra Palermo e Messina, e lungo la strada statale che collega le due città capoluogo, sorge Santo Stefano di Camastra, conosciuta da tutti come “La città della ceramica“. Un titolo che gli è stato attribuito non certo per caso, perché qui la ceramica non è soltanto l’attività principale della città, ma quella che la rappresenta in tutto e per tutto. Fino al 1682 la città di Santo Stefano sorgeva in una zona più collinare e la popolazione viveva di agricoltura e pastorizia. Ma a causa delle forti piogge e di una rovinosa frana, la città venne fortemente danneggiata ed il nuovo centro abitato fu ricostruito più a valle, vicino la costa. Qui gli abitanti trovarono l’argilla, materiale che fu essenziale per la costruzione delle nuove abitazioni. Ben presto cominciarono a sorgere le prime botteghe artigianali che realizzavano oggetti di utilizzo quotidiano e pratico.
Reeser Str. 106, 46446 Emmerich am Rhein, Germania
Sulla costa settentrionale della Sicilia, a metà strada tra Palermo e Messina, e lungo la strada statale che collega le due città capoluogo, sorge Santo Stefano di Camastra, conosciuta da tutti come “La città della ceramica“. Un titolo che gli è stato attribuito non certo per caso, perché qui la ceramica non è soltanto l’attività principale della città, ma quella che la rappresenta in tutto e per tutto. Fino al 1682 la città di Santo Stefano sorgeva in una zona più collinare e la popolazione viveva di agricoltura e pastorizia. Ma a causa delle forti piogge e di una rovinosa frana, la città venne fortemente danneggiata ed il nuovo centro abitato fu ricostruito più a valle, vicino la costa. Qui gli abitanti trovarono l’argilla, materiale che fu essenziale per la costruzione delle nuove abitazioni. Ben presto cominciarono a sorgere le prime botteghe artigianali che realizzavano oggetti di utilizzo quotidiano e pratico.

Le Guide ai Quartieri

Situato a est del comune di Cefalù, da cui dista circa 6 km e di cui rappresenta l’unica frazione, Sant’Ambrogio (in dialetto siciliano Sant’Amrociu) è un piccolo borgo di circa 315 abitanti, chiamati ambrosiani, le cui origini si possono verosimilmente far risalire al XVI e al XVII secolo. Circondato da colline lussureggianti e da campagne verdi e rigogliose, e caratterizzato da viuzze strette e tortuose, Sant’Ambrogio fa parte del Parco delle Madonie e si affaccia sul Mar Tirreno, al centro dell’insenatura compresa tra la spiaggia della Caldura, caratterizzata da lucenti scogli, e la punta di Finale di Pollina. La frazione è raggiungibile anche in treno: la stazione ferroviaria più vicina è quella di Castelbuono, sulla tratta Palermo-Messina, situata a un paio di chilometri dal centro abitato. Nato come villaggio dei contadini che prestavano servizio presso i poderi dei ricchi proprietari terrieri dell’epoca, il borgo di Sant’Ambrogio, sebbene di dimensioni assai contenute, è attualmente diviso in cinque rioni – Chian’a Chiesa, Cozzomauro, Fontana, Manche e Ristinchi .
Via Cefalù, 90015 Sant'Ambrogio PA, Italia
Situato a est del comune di Cefalù, da cui dista circa 6 km e di cui rappresenta l’unica frazione, Sant’Ambrogio (in dialetto siciliano Sant’Amrociu) è un piccolo borgo di circa 315 abitanti, chiamati ambrosiani, le cui origini si possono verosimilmente far risalire al XVI e al XVII secolo. Circondato da colline lussureggianti e da campagne verdi e rigogliose, e caratterizzato da viuzze strette e tortuose, Sant’Ambrogio fa parte del Parco delle Madonie e si affaccia sul Mar Tirreno, al centro dell’insenatura compresa tra la spiaggia della Caldura, caratterizzata da lucenti scogli, e la punta di Finale di Pollina. La frazione è raggiungibile anche in treno: la stazione ferroviaria più vicina è quella di Castelbuono, sulla tratta Palermo-Messina, situata a un paio di chilometri dal centro abitato. Nato come villaggio dei contadini che prestavano servizio presso i poderi dei ricchi proprietari terrieri dell’epoca, il borgo di Sant’Ambrogio, sebbene di dimensioni assai contenute, è attualmente diviso in cinque rioni – Chian’a Chiesa, Cozzomauro, Fontana, Manche e Ristinchi .